La Sede e la Storia

 

Il recupero del complesso di San Domenico

 

Il complesso di San Domenico è formato dalla chiesa, ora in parte priva del tetto e della facciata meridionale, da un primo chiostro ad essa adiacente e completamente chiuso e da un secondo chiostro, aperto su un lato.

La chiesa originaria (XIII sec.) era più piccola dell'esistente; la fase successiva di ampliamento rinascimentale prolunga l'aula con il progressivo avanzamento della facciata e l'aggiunta di cappelle, fino ad arrivare alla situazione attuale, che rispecchia la ristrutturazione completata nel 1704.

Nel periodo napoleonico la chiesa viene espropriata per usi militari, sarà definitivamente acquisita al patrimonio dello Stato nel 1866-67.

Da quel momento inizia il fenomeno di degrado che culmina nel 1978 con il crollo di parte della copertura e della facciata meridionale.

Il recupero del complesso monumentale non solo si integra con il programma di riqualificazione del centro storico della città, ma costituisce una sorta di progetto guida rispetto alla strategia di restauro diffuso e di riorganizzazione del sistema museale della città.

La funzione assegnata al complesso è quella di sede  della Pinacoteca e dei musei civici (convento) e di spazio assembleare multifunzionale (chiesa), mantenendo la biblioteca civica nel Palazzo del Merenda,  in collegamento con il campus universitario. Il primo problema progettuale è quello della grande lacuna della chiesa. A livello di progetto preliminare si è affermata un'idea di ricostruzione della facciata, sia all'interno che all'esterno, senza nessuna aggiunta decorativa, con la riproposizione della masse murarie pure. Si ricostruisce, al di sopra della chiesa e della volta, la copertura in legno originaria. Non altrettanto per la volta crollata, che viene accennata nello spazio mediante l'inserimento di centine lignee. Un'altra importante lacuna è rappresentata dalla mancanza di uno dei corpi di fabbrica del convento, oggetto di prossima ricostruzione.

La definizione funzionale e distributiva dell'architettura si fonde con le matrici urbane, esistenti o di progetto. Uno degli accessi esterni proviene da un percorso pedonale che si origina dalla Via Caterina Sforza, attraversa il complesso ed esce sul sagrato della chiesa. L'auditorium, non concepito come uno spazio teatrale, ma come un unico volume assembleare attrezzato, permette di rispettare la tipologia originaria della chiesa.

 

Tranne il primo stralcio, peraltro di modesta entità, l'opera di restauro del convento  è stata attuata interamente mediante accordi di programma che hanno visto coinvolto il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Forlì. Per quanto riguarda il convento la stazione appaltante è stata la Soprintendenza per i  Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, mentre per la Chiesa (il grande cantiere di restauro è stato avviato nel gennaio 2007), l'opera è appaltata dal Comune di Forlì. L'allestimento è stato realizzato con il contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.

 

L''intervento archeologico

 

L'indagine archeologica, estesa a tutto il complesso del San Domenico e diretta dalla Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna, ha permesso di individuare la primitiva chiesa, databile al XIII secolo: si trattava di un edificio di circa 36 metri di lunghezza dotato di abside semicircolare lesenata, al cui fianco sorgeva il campanile. Lo spazio interno era a tre navate scandite da una serie di pilastri.

Un piccolo porticato era costruito a breve distanza dal fianco meridionale della chiesa, lungo i cui muri perimetrali sono venute in luce alcune sepolture alla cappuccina.

Tra il XV secolo l'inizio del XVI secolo si assistette ad un ampliamento del complesso con allungamento della chiesa (m 57,50 x 17) che diventò a navata unica.  Successivamente furono costruite una serie di cappelle che ospitarono tombe a camera di differenti dimensioni, talvolta per sepolture plurime. Nella zona absidale, adiacente al campanile, fu realizzata la sagrestia, a fianco della quale vennero edificati il primo chiostro e l'ala orientale del secondo chiostro, portato a termine in tempi successivi. Recenti indagini in quest'ultima zona hanno consentito di individuare alcune strutture artigianali legate alla vita quotidiana all'interno del convento.

Nel XVIII secolo la chiesa subì un ulteriore ampliamento raggiungendo le dimensioni attuali (m 68 x 22,80): l’asse venne spostato verso nord, l'abside allargata ed allungata, furono spostati i muri perimetrali dell’unica navata e gli allineamenti delle arcate delle cappelle, infine la facciata fu arretrata rispetto alla precedente in ragione delle nuove proporzioni. Furono modificate anche le volumetrie delle cappelle e venne costruita una grande piattaforma per ospitare l'altare maggiore. All'interno della chiesa vennero realizzate numerose tombe a camera di notevoli dimensioni, talune con gradinata d'accesso.

I materiali archeologici recuperati con l'indagine consentiranno di delineare la vita nel convento durante quattro secoli: si tratta soprattutto di ceramiche e vetri utilizzati per la mensa e per la cucina. Le numerosissime medagliette devozionali che accompagnavano i defunti delineeranno alcuni aspetti della religiosità forlivese finora inediti; infine l'analisi dei resti scheletrici e degli oggetti di corredo provenienti le numerose sepolture permetterà di definire le caratteristiche e le principali patologie di cui soffrivano le persone seppellite nella chiesa

 

Gli affreschi del refettorio

 

La decorazione pittorica del refettorio scoperta nel corso dei primi sondaggi effettuati nel 1996 è oggi interamente restaurata. Sulla parete nord-est è collocato un affresco ripartito in tre scene da elementi architettonici. La scena centrale raffigura la Crocifissione alla presenza della Madonna, di Maria Maddalena, di San Giovanni Evangelista e del committente. Le due scene laterali illustrano due eventi particolarmente significativi della vita di San Domenico: a sinistra, l'apparizione dei santi Pietro e Paolo che consegnano a San Domenico il bastone e il libro dei Vangeli, mentre egli vede i suoi confratelli che vanno ad evangelizzare il mondo; a destra, San Domenico resuscita il giovane Napoleone Orsini caduto da cavallo. Un documento del 1520 ne fa attribuire l'esecuzione a Girolamo Ugolini, figlio di Marco Antonio Argentiere.
Sulla parete sud-ovest è stato riportato alla luce un altro dipinto murale che si presentava ricoperto da molti strati d'intonaco. Un'architettura tripartita fa da sfondo ad un evento miracoloso della vita di San Domenico: il miracolo dei pani, tema prediletto dai Domenicani per ornare i refettori in alternativa all’Ultima Cena.
L'eclettica tavolozza, la predilezione per i toni squillanti ed i cangiantismi, oltre che le scelte iconografiche e le soluzioni adottate, ci testimoniano la cultura artistica policentrica propria del territorio forlivese, che nel ?500 ruota fra arcaismi neo-quattrocenteschi ed innovazioni desunte dalla grande maniera consolidata a Roma da Michelangelo e Raffaello.

 

Chiesa dal 1° chiostro

Interno della chiesa

 

Abside

scavo

tomba

ciotola gotica

Affresco nord

Affresco sud